Le scale

Quando in un condominio ciascuno è proprietario delle parti comuni, ma se ne serve in misura diversa, o non se ne serve affatto, possono sorgere grosse contestazioni su come spartirsi le spese. Un caso classico è quello delle scale: è chiaro che il negoziante con vetrina sulla strada o il condomino al piano terra non ci salgono mai e hanno perciò buoni motivi per chiedersi perché dovrebbero pagare per la loro manutenzione o ricostruzione. Il dubbio si fa poi pressante quando la spesa è elevata, perché bisogna ripitturare o ricoprire con un nuovo rivestimento le pareti del vano scale, o sostituire le piastrelle sui pianerottoli.  Vale una premessa logica: se più scale servono un edificio, ognuna fa bilancio a sé, cioè le relative spese vanno ripartite solo tra i condomini che attraverso di essa raggiungono il loro appartamento.  Con la parola "scala" non si intendono solo i gradini, pianerottoli e ringhiera, ma tutti gli altri elementi (pareti del vano, finestre di illuminazione, balconi comuni). Fanno eccezione i ballatoi all'aperto che raggiungono un certo numero di appartamenti di una scala negli edifici a ringhiera: vanno considerati proprietà esclusiva dei condomini che se ne servono (un po' come capita per i balconi). C'è stato però qualche giudice che ha posto delle eccezioni per le ringhiere vere e proprie che, in quanto elemento architettonico comune dell'edificio, andrebbero mantenute a cura di tutti.

I Giardini e le Piscine

 Le spese di manutenzione del giardino vanno ripartite tra tutti i condomini in base alle loro quote di proprietà. E, in effetti, quasi tutti i regolamento condominiali stabiliscono così. Le spese necessarie per abbellire o risistemare i giardini non vanno intese quasi mai come innovazioni gravose o voluttuarie, per cui occorre decidere a maggioranza speciale (come qualche condomino cerca di fare). Le innovazioni prevedono infatti importanti modifiche oppure mutamenti dello scopo a cui é destinata una parte comune. I giardini invece, per mantenere il loro decoro, hanno bisogno di interventi continui, che comprendono anche il fatto di piantare nuovi alberi.  Resta un dubbio: i negozianti che non possono materialmente utilizzare un giardino condominiale (o una piscina) perché hanno accesso solo dal piano strada, devono contribuire alle spese? Una risposta definitiva é impossibile, dal momento che anche la Corte di Cassazione si é più volte contraddetta sull'argomento. Arrischiamo una risposta: sì, per le spese di manutenzione straordinaria, no per quelle di manutenzione ordinaria o di esercizio. E' raro che in un condominio ci si proponga di installare una piscina condominiale del tutto nuova: comunque, se ciò accade, nove volte su dieci la delibera deve essere assunta con l'unanimità dei pareri dei condomini, perché é in ballo la rinuncia a una consistente porzione del giardino condominiale. Solo se il condominio é contornato da un parco molto ampio é pensabile di poter far valere il quorum prescritto per le innovazioni utili. Cioè quello del primo comma dell'articolo 1120 del codice civile (maggioranza dei condòmini, due terzi del valore dell'edificio). Ci si basa in questo caso sul fatto che cresce il valore dell'intero palazzo e migliora la sua possibilità di utilizzo.  Quando la piscina é stata costruita insieme al palazzo, spesso il criterio della suddivisione delle spese é stabilito dal regolamento condominiale, ed é modificabile solo all'unanimità. Se non lo é, le spese per la conservazione della piscina vanno suddivise in base ai millesimi di proprietà, e quelle per l'esercizio (pulizia, acqua, fari di illuminazione) in base al numero dei possibili utilizzatori della piscina stessa (quindi degli abitanti del palazzo, bimbi compresi e disabili esclusi). Vi sono esperti che ritengono possibile per un condomino rinunciare totalmente all'uso della piscina: in tal caso pagherà comunque le spese di conservazione (manutenzione straordinaria inclusa) ma non quelle d'esercizio.
        Un problema ricorrente é quello degli ospiti che troppo spesso vengono invitati a utilizzare una piscina da uno dei condomini. Se la cosa non é vietata dal regolamento condominiale, bisogna risolverla con il buon senso. Serve a poco ricorrere alle sentenze dei giudici, che stabiliscono criteri poco pratici. Un esempio é quella del 13 luglio 1989 (pretura di Roma) che ha imposto un maggior carico di spese di manutenzione sul condomino ospitale.


Un calendario contro il degrado

Un edificio in Italia viene ristrutturato una volta ogni 40 anni: la stima é di Ecosfera, società di studi sull'edilizia. Manca in effetti una cultura della manutenzione: basterebbe che ogni amministratore mettesse a punto una specie di calendario del degrado, programmando per tempo i piccoli interventi, per evitarne di più grossi e più costosi in seguito, causati dall'incuria. E basterebbe che i condomini previdenti mettessero da parte a rate un po' di soldi ogni anno, creando un fondo condominiale per le spese straordinarie investito in titoli di Stato, per non essere costretti ad affrontare tutto d'un colpo esborsi pazzeschi per evitare che la loro proprietà cada a pezzi.

 Ma ecco qualche indicazione utile sui tempi della buona manutenzione di impianti, facciate e tetti .

Impianti

 L'impianto dell'acqua potabile, se ben realizzato, dura 35-40 anni, e ancor di più se si utilizzano materiali adeguati. Quello elettrico molto meno (20-30 anni). La caldaia andrebbe sostituita ogni dieci anni circa: quelle che funzionano a metano durano un po' di più. La manutenzione da parte dei tecnici é bene che avvenga tre volte all'anno per gli impianti centralizzati e almeno una per quelli singoli. L'ascensore deve essere controllato almeno ogni sei mesi, subire un intervento più radicale ogni 10-20 anni e essere integralmente sostituito ogni 25-30 anni circa. I cavi vanno comunque rimessi nuovi ogni 8-12 anni. L'impianto fognario dura 15-30 anni e va controllato ogni sei mesi. Una volta all'anno vanno spurgati i pozzi neri.

Facciate

Impossibile dare indicazioni astratte sul rifacimento degli intonaci esterni, che dovrà avvenire in un tempo variabile tra i 5 e i 25 anni a seconda di diversi fattori: materiali utilizzati, umidità della zona, concentramento di smog, vicinanza al mare (la salsedine portata dall'aria corrode), vibrazioni causate dal traffico. Il giusto tipo di pittura deve permettere sia la traspirazione all'esterno dell'umidità interna (causata da caloriferi, corpi umani, cucine) sia una buona tenuta all'umidità esterna: un equilibrio difficile da raggiungere. No quindi alle vernici plastificate al quarzo (troppo impermeabili) ma anche alla cosiddetta tempera o alla calce (che tengono troppo poco e si combinano facilmente con l'anidride carbonica contenuta nello smog, causando le tipiche "colate di nero" sulle facciate). Nel caso di pareti in pietra la sabbiatura violenta può essere sconsigliabile, soprattutto per i palazzi metropolitani. La sabbia crea una superficie pulita ma provoca migliaia e migliaia di micro buchi nel rivestimento, aumentando quindi l'area esposta agli agenti atmosferici e all'anidride solforosa. Meglio quindi getti di acqua nebulizzata e l'uso di detergenti non acidi.

Tetti

 Un'ispezione ogni anno é necessaria per i tetti spioventi a tegole, per sostituire elementi rotti e una revisione generale ogni 10-20 anni. Se le travature sono in legno (anziché fatte con una soletta inclinata in cemento) i costi degli interventi salgono, e coinvolgono anche le coibentazioni (da sostituire). In compenso si potrà intervenire solo in una parte del tetto, anziché in tutto.  I tetti piani (lastrico solari), che sono quasi tutti coperti da piastrelle per creare terrazze calpestabili, sono i più difficili da tenere in buono stato. Quando appaiono bolle nella copertura può essere troppo tardi per intervenire. I rappezzi servono poco, anche perché l'origine dell'infiltrazione può essere lontana dalla bolla stessa . Meglio demolire e ricostruire tutto. Un lastrico dura in buone condizioni 25 anni al massimo.  Le antenne Tv vanno rimesse in ordine ogni 2 anni circa e sostituite ogni 10-15.

L'Ascensore

 Scala e ascensore hanno un identico compito. Ed esattamente uguali sono i criteri con cui sono suddivise le spese per la loro manutenzione: se il regolamento condominiale non dice diversamente, i costi vanno ripartiti tra i condomini che ne fanno uso per metà in base alla quota di dei millesimi di proprietà di ciascuno, e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza del piano di ciascun condomino. Ma una differenza c'è. In un condominio la scala esiste sempre. L'ascensore no. Sorge quindi un problema: quale maggioranza condominiale è necessaria per installarne uno nuovo e chi deve sopportarne la spesa. Anche un solo condomino può decidere di far mettere l'ascensore (a sue spese, come è ovvio), a patto che il lavoro necessario non comporti infrazioni ai regolamenti edilizi o alle leggi urbanistiche vigenti. I condomini che se ne servono pagheranno tutte le spese e entreranno nella cabina per mezzo di una chiave.
        Gli altri potranno sempre pretendere di utilizzare l'apparecchio in seguito, contribuendo sia alle spese di manutenzione sia a quelle di installazione (opportunamente rivalutate rispetto al tasso di inflazione)

Il Cortile

 A un inesperto di litigi condominiali può sembrare che le occasioni di diverbi sulla manutenzione e sull'uso del cortile siano molto rare. Non é così, anche perché sulla scena della quotidiana tragicommedia del condominio é irrotto un nuovo protagonista , l'auto, che non trovando spazio sugli affollati marciapiedi, cerca un ricovero tra le protettive mura degli edifici. Ecco quindi qualche spunto utile per sapere quali sono i diritti e i doveri di ciascuno.  Una nuova pavimentazione di un cortile può costare diverse decine di milioni, soprattutto se si utilizzano mattonelle di pregio. Ci si può chiedere quindi se occorra un quorum speciale in assemblea per deciderla. In particolare quello previsto dal quinto comma dell'articolo 1136 del codice civile per le cosiddette innovazioni (maggioranza dei condomini e due terzi del valore dell'edificio). La risposta é no. Si tratta pur sempre di riparazioni, per quanto di notevole entità. Il quorum richiesto é quindi pari alla maggioranza degli intervenuti in assemblea e di almeno la metà del valore dell'edificio sia in prima che in seconda convocazione di assemblea. Chi non é d'accordo é comunque tenuto a partecipare alla spesa.

Le Antenne televisive

   Il diritto alla libera manifestazione del pensiero "con ogni mezzo di diffusione" é garantito dall'articolo 21 della Costituzione. In questi mezzi sono naturalmente comprese anche la televisione e la radio. Ma, naturalmente, al diritto di parlare corrisponde anche quello di ascoltare. Ed ecco che le antenne televisive e radiofoniche (comprese quelle ricetrasmittenti degli amatori e quelle paraboliche via satellite) hanno ricevuto dalle leggi una tutela del tutto particolare, che le "protegge" perfino dai contrastanti interessi degli abitanti in un condominio.  In linea di principio, infatti, chiunque (proprietario o inquilino che sia) può installare un'antenna, sul tetto o sul balcone, senza che l'amministratore condominiale o i condomini possano dire di no. Lo afferma a chiare lettere l'articolo 232 del D.p.r. 29 marzo 1973. Non é possibile vietare l'antenna nemmeno se l'edificio ne dispone già di una centralizzata (come ha più volte chiarito la Cassazione).
        Ma i diritti del possessore dell'antenna non finiscono qui: egli ha perfino privilegio di far mettere l'antenna sul terrazzo del vicino o di far correre i cavi necessari nel suo appartamento (fili e condutture devono essere però disposti in maniera tale da non creare seri problemi). Il decreto chiarisce anche che il vicino non potrà impedire agli operai installatori di passare attraverso i suoi locali, né potrà chiedere una somma ad indennizzo del disturbo subìto. Se il proprietario si rifiuta é lecito chiedere un provvedimento d'urgenza da parte del giudice (articolo 700 del codice di procedura civile).         L'articolo 1124 del codice civile parla chiaro: la manutenzione e la ricostruzione delle scale è a carico solo dei condomini che se ne servono. Metà del costo va ripartito in base ai millesimi di proprietà, e l'altra metà in ragione all'altezza del piano dal suolo.
        L'articolo 1124 non ha validità solo in un caso: che il regolamento condominiale stabilisca un altro criterio di suddivisione.
        In sintesi, le cose stanno così: negozianti e abitanti al piano terreno sono esentati. Quindi per la metà delle spese da dividersi in base ai millesimi di proprietà occorre fare un calcolo proporzionale che ritrasformi in mille millesimi la quota degli altri abitanti della scala, dal primo piano in su .
        Per l'altra metà delle spese l'abitante del primo piano deve pagare metà di quello del secondo, un terzo di quello del terzo, un quarto di quello del quarto e così via. In questo caso non ha nessuna importanza quanto siano grandi gli appartamenti. Tutti coloro che hanno motivo di servirsi di una scala che va sottoterra, perché permette di raggiungere una cantina o un box, contribuiscono alle spese necessarie, per metà in base ai millesimi di proprietà e per l'altra metà in uguale misura, indipendentemente dalla grandezza dell'appartamento. Stesso discorso per le rampe dei box.
        Cosa capita però quando un abitante del piano terra che possiede una soffitta o deve accedere a una piscina all'ultimo piano? La giurisprudenza afferma che parteciperà solo a metà della spesa, in ragione dei suoi millesimi di proprietà . Infine, puo' capitare che un proprietario voglia annettersi nell'appartamento un pianerottolo o un corridoio su cui si affaccia solo la sua porta. La cosa è impossibile se il regolamento condominiale elenca scale e corridoi nelle parti comuni. Diviene possibile, invece, se il condomino ha un titolo che dimostri la sua proprietà.